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DALL'UE CONTRASTO ALL'ITALIAN SOUNDING, MA TRA 5 ANNI

Etichetta, arriva regolamento Ue "trasparente". In vigore fra 5 anni sulle confezioni l'origine della materia prima agricola, i valori nutrizionali e la scadenza. E poi informazioni più leggibili e il divieto di indicazioni fuorvianti.
Più trasparenza per i consumatori e maggiore contrasto all'Italian sounding, ma solo fra cinque anni. L'Unione europea pubblica in Gazzetta ufficiale il nuovo regolamento sull'etichettatura che va a sostituire la vecchia direttiva del 1979, con cui diventa obbligatorio riportare sulle confezioni dei prodotti alimentari l'origine della materia prima agricola. Ma non solo: anche i valori nutrizionali - zuccheri, grassi saturi e carboidrati -, la presenza di allergeni e la scadenza su ogni singolo prodotto. La nuova normativa europea prevede anche etichette più grandi e leggibili e il divieto di indicazioni fuorvianti che possano trarre in inganno il consumatore sul reale contenuto dell'imballaggio. Ma tutto questo sarà possibile solo fra cinque anni.
"Un passo avanti verso la sconfitta della piaga dell'italian sounding", spiega la Confagricoltura. "Il testo - proseguono dall'organizzazione degli imprenditori agricoli - obbliga, infatti, ad indicare in etichetta la provenienza degli ingredienti agricoli (farina, olio, latte, ortaggi etc) qualora la descrizione e/o la illustrazione dell'alimento possa indurre in errore i consumatori sulla sua natura, identità, qualità e composizione". Male l'entrata in vigore tra cinque anni, "un problema che riguarda anche l'origine delle carni di suino, ovino, caprino e di pollame, le cui nuove norme si applicheranno tra due anni. Per il latte e per le informazioni nutrizionali occorrerà attendere ancora tre anni". Resta la possibilità per gli Stati membri, quando esista un nesso comprovato tra talune qualità dell'alimento e la sua origine o provenienza, di introdurre da subito l'indicazione obbligatoria del Paese d'origine o del luogo di provenienza. La Commissione vigilerà, però, affinché tali indicazioni non diano luogo a barriere commerciali all'interno dell'Unione Europea. "Il testo finale del regolamento - sottolineano dalla Coldiretti - è frutto di un compromesso tra le tre istituzioni europee: Commissione europea, Consiglio e Parlamento europeo dopo un lungo braccio di ferro durato quattro anni. Il negoziato si è svolto sotto la spinta delle numerose emergenze alimentari che si sono verificate nell'Unione Europea, dai maiali alla diossina alla mozzarella blu fino al batterio killer che in realtà - conclude - avrebbero dovuto spingere le Istituzioni comunitarie a scelte più immediate soprattutto per quanto riguarda l'obbligo di indicare la provenienza in etichetta delle materie prime impiegate negli alimenti che per alcune categorie di prodotti è stato dilazionato nel tempo".
Un "deciso passo avanti nella tutela dei diritti dei consumatori e per la difesa del lavoro degli agricoltori" per la Cia che spiega che "finalmente si potranno fare scelte consapevoli in campo alimentare, grazie a un'etichetta più trasparente, chiara e leggibile". Una decisione importante che - sottolinea la Confederazione italiana degli agricoltori - "va nella direzione indicata dal nostro Paese che, attraverso una legge approvata dal Parlamento, allarga a tutti i prodotti l'obbligo di indicare in etichetta l'origine. Una scelta, dunque, che premia la linea italiana". Copagri auspica invece che l'etichettatura d'origine "possa essere estesa in Europa in tempi più rapidi di quelli previsti". Il nostro Paese, "con un'agricoltura che vanta una grande varietà e livelli di diffusa eccellenza produttiva ancorata al territorio, ha tutto da guadagnare dall'etichettatura obbligatoria dell'origine". E' d'altronde un elemento di "competitività legittimo in una concorrenza sempre più aperta a livello mondiale, oltre che di garanzia sui contenuti dei prodotti, perché è importante ribadire che secondo la provenienza delle materie prime e i metodi utilizzati per produrre un alimento può cambiare anche sensibilmente", concludono dalla Confederazione di produttori. Anche perché l'Italian sounding costa al made in Italy agroalimentare circa 60 miliardi di euro. Senza contare il grave danno di immagine.


 


FONTE: AGENZIA IL VELINO


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